Questa è l’incredibile storia di Luigi Masetti, il primo cicloturista Italiano che alla fine del 1800 viaggiò per l’Europa e per il mondo. É stato definito come “L’Anarchico a due ruote” ma in realtà Luigi era molto di più: poeta, ribelle e sognatore. Eppure dalle sue umili origini sarebbe stato difficile prevedere una storia così unica e fuori dall’ordinario.
Luigi Masetti, l’anarchico delle due ruote
Difficile definire una figura complessa, straordinaria e articolata come quella di Luigi Masetti. Il primo uomo a fare del ciclismo un vero e proprio stile di vita ancora prima di uno sport. Luigi Masetti è stato l’antenato di tutti coloro che oggi sulle due ruote attraversano paesi e continenti, affrontando un’esperienza profondamente diversa da qualsiasi altra tipologia di viaggio.
Luigi era così amato che aveva spesso al seguito piccole folle che ne seguivano gli audaci spostamenti e numerosi lettori che a distanza si informavano sulle sue straordinarie imprese.

In quegli anni in cui la bicicletta era ancora vista con un certo sospetto, come un mezzo strano, a tratti diabolico; i primi ciclisti venivano comunemente bollati come personaggi sui generis o addirittura come veri e propri sovvertitori dell’ordine costituito. E Massetti fu veramente l’apripista di un’avanguardia che avrebbe cambiato il mondo.
Il primo viaggio in bicicletta di un italiano
Nato nel 1864 a Trecenta (Veneto), iniziò dalla fine dell’Ottocento a realizzare quelle che per quel periodo storico erano imprese a dir poco memorabili.
Il primo viaggio nel 1892 lo compì utilizzando una bicicletta acquistata con i pochi soldi che aveva messo da parte dopo essere sfuggito alla povertà del Polesine, emigrando prima verso Milano e poi verso la Svizzera. Già l’esordio fu epico: 3200 km attraversando diversi paesi europei. Ma era solo l’inizio.
L’anno seguente decise di partire per un tour transoceanico. Un “viaggissimo” come lo chiamò il Corriera della Sera, che finanziò l’impresa in cambio di puntuali resoconti scritti da Massetti e pubblicati sull’edizione del lunedì.
I 7000 km da Milano alla grande Esposizione universale di Chicago che fecero conoscere “l’anarchico delle due ruote” (così lo definì il direttore del Corsera in omaggio ai suoi ideali libertari) in tutto il Paese. Negli anni seguenti l’epopea continuò.

l 1º maggio 1900 partì per un lunghissimo viaggio di 18.000 km: prima raggiunse Ceuta, in Marocco dall’Italia; dall’Africa poi si diresse in Norvegia, spingendosi fino a Capo Nord, dove giunse il 14 agosto 1900. Proseguì per la Russia, dove incontrò Tolstoj fino ad attraversare la Turchia fino a Costantinopoli.
Sempre con un bagaglio leggerissimo al seguito, la voglia di vivere il mondo nel cuore e due motrici pulsanti al posto delle gambe.
La fine di un mito
La saga di Masetti si spense lentamente come la sua vita, di cui è difficile ricostruire gli ultimi decenni. Finiti i viaggi e le avventure, verso i primi anni del 1900 di lui si persero le tracce. Sulla sua sorte si possono fare solo ipotesi, una delle quali lo vorrebbe morto a Milano, nel giugno 1940.
Mentre le automobili si affermavano con sempre maggiore forza, la bicicletta restò a lungo il mezzo di locomozione delle classi subalterne che al ciclismo destinarono amore e passione. Ma prima di Ganna, Binda e Girardengo ci sarà sempre Masetti. Un figlio del popolo che con l’ausilio delle due ruote aveva vissuto e raccontato una storia senza tempo: quella di uomo e della sua voglia di libertà, di cui il viaggio resterà sempre una delle più autentiche manifestazioni.
Questa è la straordinaria storia di Luigi Masetti, il primo cicloturista italiano.
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